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Eltis test and results


È una giornata orrenda. Davvero. Fuori la tempesta infuria. E nel mio animo scalpitano sentimenti confusi e contraddittori. Doveva essere un bel lunedì. Avevo preso due dieci in compiti in cui credevo di essere andata male. Ed ero felice, davvero. Poi, però, la mia contentezza è sfumata contemporaneamente ai rintocchi dell'orologio.

Il tempo passa e non succede nulla. Tu sai di dover reagire. Ma non puoi. È impossibile. La tristezza ti assale, ti ammanta, ti asfissia. E tu non puoi fare altro che spalancare la bocca in una muta richiesta di aiuto. Aiuto che puntualmente non giunge.

Vi è solo l'oscurità attorno a te. Nessun raggio di chiarore che renda il buio meno spaventoso e opprimente. Non respiri. Non vedi. Non senti.

Il silenzio ti agghiaccia e tu rimani impietrita sul posto, incapace di muoverti e compiere un fatidico passo in avanti.

Sei paralizzata, ma nessuno se ne accorge. Rimani sola, con l'inchiostro che macchia i tuoi contorni, intaccando anche quel piccolo barlume di speranza che era sopravvissuta nel tuo animo.

Si spegne. E con essa, anche l'ultimo briciola di salvezza. Sei persa. Non puoi fare niente se non attendere. Attendere qualcosa che non arriverà mai. E allora capisci che non puoi. Non devi. Non è ammissibile che tu rimanga lì ferma, impossibilitata anche solo ad inspirare.

Il sangue si ghiaccia nelle vene, ma tu comprendi che non è questo l'atteggiamento da assumere. Non sei una perdente. Sei una combattente. E le combattenti combattono. Combattono sempre. Contro tutti e tutto. E vincono.

Anche nella sconfitta, vincono. Non c'è spazio per rimpianti o autocommiserazioni. Il tempo è prezioso e le combattenti non lo sprecano.

Io sono una combattente che ha perso. Ma mi sono rialzata, ancora una volta, un po' ferita nell'animo, ma al contempo forgiata. Indurita. E pronta a delle altre dure sconfitte.

Nel nuvoloso e umido pomeriggio del 3 Dicembre, alle ore 17.30 circa, ho sostenuto l'Eltis test, obbligatorio per gli exchange students negli USA. Reduce da varie notti insonni e da un viaggio intrapreso alle quattro di mattina, combattevo contro un mal di testa lancinante e una stanchezza latente ma persistente.

Nella sala dell'hotel Mellini (Roma) dove si è svolto questo test, il caldo creava una cappa opprimente che rendeva ancora più difficile il mantenimento della concentrazione.

Complici questi fattori debilitanti, ho svolto il test non impiegando al massimo le mie capacità. E diamine se me ne pento. Ma è proprio nella sconfitta che ho imparato. Sarò filosofa, sarò troppo introspettiva, sarò deprimente, ma non sono una perdente.

E l'aver sostenuto il test con alle spalle cinque ore di sonno e un indebolimento fisico mi ha resa anche leggermente fiera. Si, sono rimasta delusa del risultato. Ma è stato per me un insegnamento che non dimenticherò mai.

Fare tre errori è umano. Ma non se si sa di aver potuto dare di più. Non quando siamo coscienti delle proprie abilità. Non quando sappiamo di non meritarci quel numero. E non quando sappiamo di non essere quel fottuto punteggio. Totalizzare 47 out of 50 non è male. Ma lo è se si pensa di essere degni di un 50/50. Lo è se sai di aver sbagliato stupidamente. Diavolo se lo è.

Ma non lascerò che la delusione si impossessi di me, dominando le mie emozioni e i miei comportamenti.

Incasserò anche questa sconfitta e andrò avanti. Come sempre. Perché io sono forte.


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